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Archivio: Dicembre 2015
Gavio investe 529 milioni in Brasile per autostrade
Il gruppo di Tortona entrerà, attraverso Sias e Astm, con un aumento di capitale e darà vita a un’alleanza con la famiglia Almeda, socio storico dell’operatore brasiliano
A Gavio il controllo del terzo operatore autostradale brasiliano, con un investimento di 529 milioni di euro. Il gruppo italiano, attraverso Sias e Astm, ha acquisito il controllo del 41%, quota di riferimento, di Ecorodovias, leader in Brasile con 1860 chilometri di rete in Brasile. L’imprenditore di Tortona entra attraverso un aumento di capitale e stabilisce una partnership con la famiglia Almeida, socio storico dell’operatore brasiliano, che scende al 39,5%.
Nel 2012 gli Almeida avevano riacquistato per un miliardo di euro il 20% di Ecorodovias da Impregilo, che era appena passata sotto il controllo del gruppo Salini. L’offerta di Gavio ha battuto vari concorrenti tra cui il colosso francese Vinci, il fondo australiano Mcquarie e, originariamente, l’interesse manifestato dalla stessa Atlantia. Quando Almeida riacquistò la minoranza di Ecorodovias da Impregilo pagò al cambio di 18 reais per azione, e a quei valori si fece finanziare dalle banche. La crisi economica che ha colpito il reais, crollato da 2,1 a 4,2 sul dollaro, ha sbilanciato tutti i parametri di garanzia che le banche avevano dettato per finanziare l’investimento, di qui la scelta degli Almeida di vendere il controllo, meglio ancora se attraverso una partnership, che con Beniamino Gavio, capo del gruppo italiano, hanno considerato fattibile anche in forza di un ottimo e consolidato rapporto personale (oltretutto l’imprenditore di Tortona parla perfettamente il portoghese). Al netto della fase di turbolenza politica appena vissuta, però, il Brasile resta una potenza economica con 293 milioni di abitanti e grandi piani di investimenti pubblico-privati, in tutte le infrastrutture di interesse di Ecorodovias.
Per il gruppo Gavio si tratta di un ritorno ad Ecorodovias. La società brasiliana era infatti partecipata da Impregilo, quando ancora il gruppo Gavio era azionista del general contractor. Quando nel 2012 Salini ha preso il controllo di Impregilo, ha deciso di vendere Ecorodovias. Poco dopo, Gavio è uscito del tutto dal capitale di Impregilo. L’operazione di acquisizione del controllo della brasiliana Ecorodovias,probabilmente la maggiore di un gruppo italiano all’estero di quest’anno, «rappresenta un importante passo del processo di sviluppo e di diversificazione geografica promosso da Astm e Sias e consente alle due società di proiettarsi in una dimensione internazionale e di implementare la strategia del gruppo nello sviluppo congiunto nei settori delle costruzioni e delle concessioni», affermano le due società controllate dal gruppo Gavio.
Recessione economica e minacce di voto anticipato
Il modello politico del Brasile è in profonda crisi. Lo testimonia il recente scandalo che ha coinvolto personaggi di spicco, dal presidente della camera (proprietario di 4 conti in banche svizzere), a un figlio di Lula: una vera e propria “Mani Pulite” brasiliana che si aggiunge ai già pesanti problemi economici del paese. In questo contesto è ancora più rilevante l’accusa di impeachment (per alcuni) o di tentato golpe (per altri) che deve fronteggiare il presidente Dilma Roussef. Un’accusa che non ha i numeri per essere portata in tribunale, ma che dimostra ulteriormente la necessità di un rinnovamento di regime: quello che l’autore auspica - con realistico pessimismo - come un passaggio dal sistema presidenziale a quello parlamentare.
«Ogni crisi rappresenta un’opportunità, come del resto indica l’etimologia della parola, affinché una nazione cambi ciò che non funziona. Mi pare evidente che questo momento di grave crisi per il Brasile dovrebbe essere usato per sostituire il regime presidenziale con quello parlamentare, assai più flessibile ed al passo con i tempi». Armando Vasone è stato uno degli “inventori” di Lula quando in Brasile c’era ancora la dittatura e, la sua, è forse l’analisi più lucida oggi proveniente dal paese del samba.
Peccato solo che in Brasile la sua analisi sia assolutamente minoritaria. Il gigante sudamericano è diviso da tempo in due fronti contrapposti, con il primo che vorrebbe l’impeachment, ovvero l’incriminazione della presidente Dilma Rousseff perché colpevole di avere truccato i bilanci dello stato, mentre il secondo, invece, denuncia un tentativo di “golpe”.
Sullo sfondo una lotta per il potere che coinvolge i principali attori dell’attuale vita politica brasiliana – dal vicepresidente Michael Temer, al presidente del Senato Renan Calheiros, a quello della Camera, Eduardo Cunha, per non dire dell’ex presidente Lula da Silva – che non sembrano interessati per nulla o quasi alle uniche due variabili importanti per il futuro del Brasile, ovvero la crisi economica che rischia di “far fallire il paese” (il verbo “quebrar” l’ha usato in off solo ieri il ministro dell’Economia, Joaquim Levy) e la “Mani Pulite” verde-oro che ha decapitato nell’ultimo anno i vertici dell’imprenditoria e della politica brasiliana.
«Non sono una ladra e questo è un golpe alla paraguayana». Così si è difesa la presidente Rousseff da quando la domanda di impeachment presentata mesi fa da tre giuristi – tra cui anche Helio Bicudo, uno dei fondatori nel 1980 del PT –, è stata accolta da Cunha che, in teoria, è un suo alleato essendo membro del Partido do Movimento Democrático Brasileiro (Pmdb), partito della coalizione di governo.
Per la cronaca Cunha è tutt’altro che un “angelo moralizzatore” e se l’impeachment contro Rousseff è conseguenza di quanto accaduto lo scorso 8 ottobre – quando la Corte dei Conti brasiliana denunciò bilanci truccati per 106 miliardi di reais, circa 35 miliardi di euro – la cosa strana è che il presidente della Camera ci abbia messo 2 mesi a decidere.
Il motivo è semplice: se infatti Dilma è accusata di avere falsificato i conti usando miliardi delle banche statali per coprire buchi di bilancio, Cunha “rischia il posto” per un processo contro di lui nel Consiglio di Etica della Camera. Dalla “Mani Pulite” che sta sconvolgendo il Brasile è infatti emerso che il presidente della Camera aveva almeno 4 conti milionari in Svizzera non dichiarati. E così, proprio mentre Rousseff veniva messa spalle al muro dalla Corte dei Conti per le sue “pedalate fiscali” (così chiamano i brasiliani la contabilità ‘creativa’), Cunha alimentava la teoria che i milioni sui suoi conti svizzeri non dichiarati erano frutto di “fortunati investimenti” nel “rigoglioso settore africano della carne in scatola”.
A quel punto – era la metà di ottobre – tra PT (e governo) da un lato e Cunha dall’altro iniziava una trattativa sotterranea: tu presidente della Camera blocchi la richiesta di impeachment contro Rousseff e noi del PT stoppiamo il Consiglio di Etica. Deus ex machina del “negoziato”, l’abile ministro della Casa Civil Jaques Wagner, già governatore di Bahia e uomo di Lula.
Tutto bene sino all’ultima settimana di novembre quando, in appena 24 ore venivano arrestati nell’ambito della “Mani Pulite” brasiliana tre pezzi da 90: l’amico “cassiere” di Lula, José Carlos Bumlai, il capo del governo (e del Pt) al Senato, Delcídio do Amaral, ed il miliardario André Esteves, presidente di Btg Pactual, la banca d’investimenti più importante dell’America Latina. Lì l’accordo Pt-Cunha va a farsi benedire e ricominciano le baruffe degne più di un sultanato che del paese più importante delle Americhe dopo gli Usa.
Passano pochi giorni ed un figlio di Lula viene indagato per avere intascato da un lobbista (arrestato) 2,5 milioni di reais (circa 700.000 euro) che gli inquirenti ritengono siano la “retribuzione” per una legge ad hoc che avvantaggia il settore auto approvata dall’ex presidente nel 2009. Per questo, il 17 dicembre prossimo lo stesso Lula sarà interrogato dalla Polizia.
Improvvisamente, dopo 2 mesi di “letargo”, il segretario del Pt, Rui Falcão, riscopre la furia moralizzatrice ed annuncia che i suoi “scaricheranno” Cunha, aprendo il processo per farlo decadere da presidente della Camera e da deputato a causa dei suoi conti segreti svizzeri. Da lì all’accettazione dell’impeachment contro Dilma da parte di Cunha passano meno di 24 ore. E mentre Lula riprende a dialogare segretamente ma, questa volta, con Temer – sempre tramite Wagner – il vice presidente scrive a Rousseff una lettera molto dura in cui l’accusa di averlo sempre considerato un “oggetto decorativo” e di non essersi mai fidata né di lui né del Pmdb. La missiva doveva rimanere privata ma qualcuno vicino a Dilma la filtra alla stampa che la pubblica integralmente. Baruffe chiozzotte all’ennesima potenza con Dilma e Temer che fanno finta di fare la pace.
Le ultime tre istantanee dal Brasile sono una pioggia di soldi che all’arrivo della Polizia federale vola dalle finestre degli uffici di un inquisito coinvolto in mega–tangenti nel settore del sangue e del programma statale “Più medici” a Recife, una lite con tanto di pugni nella “Commissione Etica” in quel di Brasilia tra “onorevoli” d’opposti schieramenti e le manifestazioni per chiedere la cassazione di Dilma dello scorso 13 dicembre, assai poco partecipate.
Analizzando l’odierno verminaio politico brasiliano è difficile che Rousseff possa essere mandata a casa facilmente visto che le basteranno appena 171 voti per affossare l’impeachment contro di lei, ovvero un terzo dei voti più uno di senatori e deputati in seduta parlamentare congiunta.
In realtà, se impeachment o meno sarà – si voterà dopo il Carnevale, verso marzo 2016 – molto dipende dall’economia in crisi profonda e, ancora di più, dai prossimi sviluppi della “Mani Pulite” brasiliana.
Di certo c’è che il possibile sostituto, il vice presidente Michael Temer, è dello stesso partito di Cunha, al pari del presidente del Senato, Calheiros.
Piccolo particolare: di Temer corre voce sia il vero deus ex machina, il controllore occulto del porto di Santos dal quale, secondo il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, uscirebbe l’80% della cocaina che arriva ogni anno in Europa.
Renan Calheiros, dal canto suo, è noto alle cronache per numerosi casi di corruzione, compreso il celeberrimo Renangate, un riferimento neanche troppo velato al Watergate. Inoltre, da due settimane, il Supremo Tribunale Federale lo indaga per un presunto coinvolgimento nella Mani Pulite verde-oro.
Insomma, al di là dell’impeachment di Rousseff e visti i possibili sostituti, non è escluso che nell’autunno del 2016 i brasiliani tornino a votare anche per scegliersi un nuovo presidente della repubblica, oltre che per le già programmate amministrative.
Perché ciò avvenga conditio sine qua non è che il Supremo Tribunale Elettorale sancisca che le campagne elettorali di Dilma e del suo vice Temer sono state finanziate con soldi frutto delle tangenti Petrobras.
Se questo è il quadro – e purtroppo per il Brasile lo è, con l’aggiunta di un’economia in crisi come non accadeva dal 1900-1901 – allora forse la proposta di Vasone è tutt’altro che da trascurare. «Invece dell’impeachment se ci fossero davvero politici di livello oggi si cercherebbe di sfruttare il momento per chiudere l’esperienza deleteria del sistema presidenziale, che in Brasile forse ha funzionato solo durante l’era Vargas».
Invece di costringere il paese all’immobilismo su tutti i fronti, compreso l’economia, il sistema parlamentare offre infatti i poteri del presidente al primo ministro ma ha un enorme vantaggio: quest’ultimo può essere sostituito in pochi giorni, basta la sfiducia delle Camere, mentre come vediamo oggi con Rousseff, oltre al trauma della sua cassazione con una parte politica che grida al golpe ed una legislazione confusa in materia, anche se l’impeachment dovesse andare in porto saranno necessari lunghi mesi.
Tanto, troppo tempo sprecato – almeno sei mesi secondo gli analisti – senza peraltro avere la certezza che, chi verrà dopo, o per via istituzionale o con una nuova elezione presidenziale, sappia risolvere i gravi problemi del Brasile di oggi.
«Purtroppo – conclude Vasone con disincanto – oggi nessuno discute dell’opportunità che offre il parlamentarismo né sfrutta la crisi attuale per portarci ai livelli dei paesi più avanzati e, soprattutto, per farla finita in un colpo solo con tutte le “trame sotterranee” che oggi impegnano Brasilia dove, invece, ben altre dovrebbero essere le priorità per il bene del mio paese».
Brasile: Governo annuncia imponente concessioni trasporti
Un piano di concessioni nel settore dei trasporti e della viabilita’ del valore di oltre 3 miliardi di euro nello Stato di San Paolo. E’ quanto ha annunciato il Governatore dello Stato di San Paolo, Gerardo Alckmin, precisando che i settori coinvolti saranno: aeroporti, autobus interurbani, autostrade e metropolitane.
Gli aeroporti che saranno dati in concessione sono cinque: Antonio Ribeiro Noronha Jr. (Itanhaem), Gasto Madeira (Ubatuba), Comandante Rolim Adolfo Amaro (Jundiai), Campo dos Amarais (Campinas) e Arthur Siqueira (Braganca Paulista), per un investimento totale di 22 milioni di euro nei 30 anni di concessione. Sara’ anche rinnovata la flotta di autobus interurbani, che dovranno offrire nuovi servizi, come aria condizionata e connessione internet wi-fi, con un investimento di circa 637 milioni di euro. I maggiori investimenti sono quelli previsti per le autostrade (2,5 miliardi di euro) e saranno divisi in 4 lotti per un totale di 2.200 chilometri. I nuovi contratti di concessione avranno una durata di 30 anni. Infine, per quanto riguarda le metropolitane, sara’ effettuata la licitazione per la presentazione di studi tecnici per la concessione e la gestione della linea 5-Viola e della linea 17-Oro. La concessione avra’ durata trentennale e l’investimento iniziale stimato e’ di 50 milioni di euro. La pubblicazione dei bandi e’ prevista per il primo trimestre del 2016.
Fiera da record per il meccanotessile
Il 17 questa volta porta fortuna. L’edizione milanese di Itma, maggiore rassegna mondiale del macchinario tessile, tornata a Milano dopo 20 anni di assenza, ha registrato il numero di visitatori più alto di sempre. Nelle hall che ospitavano i 1700 espositori si sono registrate negli otto giorni di fiera quasi 123mila presenze, provenienti da 147 Paesi (il 22% in più della precedente edizione di Barcellona). Ma è nel numero di visitatori unici che Milano segna un incremento record: +42% rispetto a Barcellona nel 2011 e +8% rispetto a Monaco nel 2007. Mai nelle precedenti sedici edizioni si era raggiunto un numero simile.
L’Italia è prima sia per aziende espositrici (454), che per visitatori (18% del totale). Tra i principali Paesi visitatori figurano, alle spalle dell’Italia, India e Turchia (circa l’8% ciascuno del totale), Germania (7%) e, a seguire, Francia, Stati Uniti, Iran, Brasile e Pakistan.
«Questi numeri spiega Raffaella Carabelli, presidente dell’associazione di categoria Acimit testimoniano la vitalità dell’intera filiera tessile italiana: le nostre aziende hanno creduto in Itma come appuntamento irrinunciabile del settore ed hanno avuto ragione. Un grazie sentito al Ministero dello Sviluppo Economico e Ice per averci fornito l’indispensabile supporto nella realizzazione delle importanti iniziative promozionali per questa rassegna».
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